ALLE ORIGINI DEL COACHING UMANISTICO: L’AVVENTURA DI EPITTETO di Barbara Mitelli
di jimmy31 Mar, 2019
Quante volte ci capita di sentirci “costretti” in una condizione di vita che non desideriamo? Quante volte ci sentiamo nel posto sbagliato? E ancora, quante volte ci siamo detti questa situazione non mi rappresenta?
Come coach umanisti ci troviamo ad allenare le persone dentro i loro contesti e a volte la vita mette sul piatto sfide davvero complesse, ma in ogni situazione possiamo intravedere delle opportunità, strade creative di realizzazione.
La possibilità di essere felice deve essere frutto di una scelta proattiva, passa attraverso l’allenamento delle nostre potenzialità e ci porta allo sviluppo di quella che Luca Stanchieri definisce essere la nostra “seconda natura”, ossia uno sviluppo creativo di sé.
Il coaching umanistico ha contemporaneamente radici antiche e moderne, trae ispirazione e rielabora il pensiero di autori che fanno parte del nostro passato, così come di quelli contemporanei. Tra le radici antiche vi è Epitteto che duemila anni faconsigliava pratiche su come rapportarsi al mondo, rifletteva sull’importanza della focalizzazione dell’attenzione, sottolineava l’importanza delle rappresentazioni, suggeriva modalità per combattere l’ansia, per relazionarsi agli altri in modo adeguato. Straordinario come ogni sua riflessione può essere calata nella contemporaneità. Se dovessimo sintetizzare, possiamo identificare Epitteto come il filosofo che collega la felicità alla libertà interiore.
Epitteto (50-125 DC), prima che attraverso i suoi insegnamenti, incarna il suo pensiero. Ci dà esempio di proattività, forza e audacia attraverso la sua vita e il suo sentimento di amore per essa, mostrandosi coerente con quel principio che lui stesso enunciava per cui la filosofia non serve per pavoneggiarsi, ma è scienza di vivere, e il filosofo deve essere coerente con ciò che predica.
Non sono certe le notizie sulla vita di Epitteto, magli studiosi convengono sul fatto che o fosse nato schiavo(probabilmente da madre schiava) o lo divenne poco dopo la nascita, in Frigia a Ierapoli. Pare che il filosofo godesse di una salute cagionevole e che fosse caratterizzato da una camminata claudicante, per malattia o maltrattamenti legati alla sua condizione. Un inizio di vita certamente non accompagnato dalla buona sorte, a cui non si sottomise.Venne portato in giovane età a Roma e, nonostante i forti vincoli della condizione di partenza, come schiavo di Epafrodito, riuscì a crescere e mettere in campo il suo amore per l’apprendimento. Si avvicinò, infatti,alla filosofia stoica grazie agli insegnamenti di Gaio Musonio Rufo. Quando il suo padrone venne esiliato, lo liberò. Epitteto, sotto il dominio dell’imperatore, Domiziano fu costretto a lasciare Roma.A quel tempo come filosofo ricopriva già un ruolo sociale importante e pare avesse espresso forti critiche nei confronti del governo dell’imperatore. L’imperatore allontanò lui così come astrologi, matematici e altri filosofi. Spesso, infatti, l’opposizione era guidata da aristocratici e senatori che avevano filosofi stoici come insegnanti dei loro figli e loro consiglieri personali.
Nonostante questo allontanamento, Epitteto non rinunciò ai suoi insegnamenti, anzi trasformò questa scelta subita in una straordinaria occasione di sviluppo. Migrò a Nicopoli, in Epiro. Qui, attraverso il suo amore per il sapere decise di dedicarsi all’insegnamento, aprendo una scuola filosofica molto rinomata e frequentata da persone provenienti da tutto il mondo di allora. Scelse di vivere, qui come a Roma, in grande semplicità. Adottò un bambino orfano e in tarda età visse con una donna perché si prendesse cura dell’educazione del piccolo. Il suo talento arriva fino ai giorni nostri, grazie a coloro che hanno trascritto le sue riflessioni e tradotto il suo Manuale, tra cui anche Giacomo Leopardi.
Da schiavo a uomo libero, da individuo senza cultura a filosofo noto, da persona nulla tenente a fondatore di una scuola, la vita di Epitteto è il suo primo insegnamento, un insieme di sfide di autosuperamento rivolte al bene comune. Come in tutti gli esempi talentuosi le potenzialità si esprimono in un’alchimia unica così amore per il sapere, audacia, autogoverno, integrità e umiltà si fondono per dar vita ai suoi allenamenti e ai suoi pensieri. La sua vita ci permette di vedere il suo allenamento proattivo difronte ai limiti e ostacoli che il contesto pone, la sua attenzione al bene, la sua disciplina verso la crescita interiore. Allenamenti che ognuno di noi può praticare nella vita, anche duemila anni dopo.
Al tempo stesso rileggere le sue riflessioni alla luce della sua esperienza vita ci permette di darne un significato più ricco.
Da lui (ma non solo) il coaching umanistico prende ispirazione per considerare la felicità indissolubilmente connessa al concetto di bene, perché secondo Epitteto l’impegno di ognuno deve essere prima di tutto quello di vivere secondo una scelta di fondo morale, che implica quindi che l’uomo abbia l’imperativo di conoscere il bene per poi perseguirlo. E’ imprescindibile quindi che l’uomo miri alla saggezza.
Epitteto considera la felicità intimamente connessa alla libertà e considera quest’ultima come frutto di una scelta che porta alla crescita interiore. Gli animali basta che seguano l’istinto, l’uomo deve scegliere di essere libero. “ Libero è colui che vive come vuole, che non si può né costringere, né impedire, né forzare; colui i cui impulsi sono liberi da impacci, i cui desideri si realizzano, le cui avversioni non cadono in ciò che voglio evitare” (p. 426, a cura di Daniele Palmieri, Manuale – L’arte di affrontare la vita – Epitteto”, Neri d’inchiostro, 2018)
La libertà di cui parla il filosofo è una libertà prima di tutto interioree non poteva essere diversamente per una persona che ha vissuto in schiavitù. Epitteto sostiene la necessità di allenare e rieducare le nostre rappresentazioni e, se non sono adeguate, di modificarle. Le sue non sono riflessioni astratte, ma si accompagnano ad indicazioni pratiche e concrete. A questo riguardo, uno dei suoi più grandi insegnamenti, infatti, è quello che ci porta a distinguere il mondo in due: cose che sono in nostro potere (desideri, impulsi..) e cose che non sono in nostro potere (la salute, la ricchezza..).
Per essere libero l’uomo si deve concentrare solo sulle cose che sono in suo potere e orientarle verso ciò che è bene, quindi la sua riflessione si concentra sul concetto di libertà interiore come possibilità di crescita interiore. Ciò che non è in nostro potere non ci deve turbare né catturare le nostre energie, piuttosto dobbiamo accoglierlo; difronte alle difficoltà e accadimenti negativi possiamo allenare le nostre facoltà interiori (ad esempio la forza, l’indulgenza) e renderli strumentali al bene. Ad esempio, difronte ad una persona aggressiva possiamo allenare la nostra indulgenza, difronte a ostacoli possiamo allenare la nostra perseveranza e sfruttare queste occasioni come opportunità per migliorarci.
Workout
Partendo da ciò che ci ha insegnato Epitetto ognuno di noi può far proprio l’esercizio che ci propone:
- Definisci un obiettivo che vuoi raggiungere e che sia in sintonia con il tuo bene
- Distingui ciò che dipende da te, da ciò che non dipende da te in vista del raggiungimento di questo obiettivo
- Focalizzati solo su ciò che dipende da te e definisci il tuo piano d’azione
- Verifica che il piano d’azione ti porti a migliorarti e che ti avvicini al bene, oltre che al perseguimento dell’obiettivo stesso.
Esseri liberi significa concentrarsi su ciò che è sotto il tuo governo: Nel tuo progetto di autorealizzazione, o nell’obiettivo che ti sei posto che cosa dipende da te?
Bibliografia essenziale:
-L. Stanchieri, “Non c’è problema- come sfruttare le difficoltà per esprimere il tuo potenziale”, Bur Rizzoli, 2016
-L.Stanchieri, “Scopri le tue potenzialità e libera il tuo talento con il coaching umanistico”, Franco Angeli, 2018
– (a cura di) Daniele Palmieri, “Manuale- L’arte di affrontare la vita- Epitteto”, Neri d’inchiostro, 2018
– (trad) Cesare Cassammagnago, “Epitteto- Diatribe Manuale Frammenti”, Rusconi,